L’approccio Enviromental Social and Governance – ESG e le relazioni delle imprese con gli stakeholders
L’approccio Enviromental Social and Governance – ESG implica per le imprese un sempre maggiore utilizzo dei sistemi di gestione aziendali nell’ottica della massima trasparenza e garanzia per i clienti, i fornitori e per tutte le parti interessate (stakeholders). La qualità della relazione può essere di tipo in obbligatorio e volontario: per esempio, in merito all’approccio obbligatorio abbiamo i decreti legislativi 231 (responsabilità penale delle organizzazioni) e 254 (obbligo di rendicontazione non finanziaria), mentre l’approccio volontario passa invece per il rispetto di una serie di norme o standard internazionali cui l’organizzazione volontariamente si obbliga ad aderire.
Il termine “sostenibilità” ormai è entrato nel gergo comune delle imprese. L’acronimo ESG (Environmental, Social and Governance) è la sigla distintiva di ogni operazione di rilancio aziendale.
Non si tratta solo di marketing o di green washing, ma di un approccio ben più profondo che parte da un ripensamento dei principi che stanno alla base di ogni sviluppo solido e duraturo di qualunque impresa a prescindere dal settore di appartenenza e dalla dimensione.
Le imprese di maggiori entità devono anche rispettare obblighi legali che attestino garanzie per gli stakeholder, pensiamo alle previsioni normative del D.Lgs. n. 231/2001 o del D.Lgs. n. 254/2016.
Agenda 2030
Nel settembre 2015 all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stata firmata l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile sottoscrivendo 17 Obiettivi (SDG) e definendo un significativo “Elenco di cose da fare per le persone e il pianeta”.
I 17 obiettivi di sviluppo sono articolati in 4 blocchi:
– 1) il pilastro sociale,
– 2) il pilastro economico,
– 3) il pilastro ambientale,
– 4) la governance del sistema.
Tra tutti gli obiettivi quelli che risultano sicuramente più nuovi e di impatto nel mercato del lavoro risultano essere quelli legati alla sostenibilità sociale. L’agenda 2030 ha definito “obiettivi universali, ambiziosi, globali, indivisibili e interconnessi, mirati a sradicare la povertà, combattere le disuguaglianze e le discriminazioni crescenti, promuovere la prosperità, sostenibilità, responsabilità ambientale, inclusione sociale, uguaglianza di genere e rispetto per i diritti umani, garantendo la coesione economica, sociale e territoriale e rafforzando la pace e la sicurezza”.
Parti interessate (stakeholders)
Nell’economia mondiale del post pandemia il tema dell’impatto che ogni organizzazione ha sui propri stakeholders ha ruolo preminente. Parte proprio dalla definizione di “parte interessata” la questione. Con il termine stakeholders si intendono tutti i soggetti, individui od organizzazioni, attivamente coinvolti in un’iniziativa economica (progetto, azienda), il cui interesse è negativamente o positivamente influenzato dal risultato dell’esecuzione, o dall’andamento, dell’iniziativa e la cui azione o reazione a sua volta influenza le fasi o il completamento di un progetto o il destino di un’organizzazione.
In un mondo interconnesso ogni attività imprenditoriale che promuova sviluppo aziendale nel rispetto delle parti interessate avrà sicuramente maggiori consensi nel mercato e conseguentemente facilitazioni all’accesso ai servizi di credito, agevolazioni e incentivi pubblici e percorsi privilegiati in appalti, gare o di selezioni. Oggi più che mai la ricerca è di un progresso che consenta stabilità e garanzie per il futuro. Il mondo della finanza guarda con interesse questi approcci proprio perché garantiscono fondamentali delle imprese solidi e visione di lungo periodo.
Gli investitori non cercano solo il raggiungimento di obiettivi di ritorno finanziario con una ottimizzazione dei fattori di rischio, ma cercano di raggiungere anche obiettivi legati all’impatto sociale e ambientale delle imprese con i loro prodotti e i loro servizi. Si definisce ‘Impact investing’ quell’approccio che parte dalla considerazione che le imprese devono avere obiettivi più articolati rispetto alla sola generazione di valore economico. É ormai passato alla storia l’annuncio con cui Larry Fink, CEO di BlackRock, il più grande gestore privato di fondi al mondo, che nel 2020 ha comunicato la volontà del fondo di indirizzare i propri investimenti verso imprese che ispirano strategie e attività a criteri ESG.
Approccio ESG (Environmental, Social and Governance)
In termini concreti l’approccio ai temi ESG va suddiviso in obbligatorio e volontario.
In merito all’approccio obbligatorio abbiamo ricordato, per esempio, i decreti legislativi 231 (responsabilità penale delle organizzazioni) e 254 (obbligo di rendicontazione non finanziaria).
I sistemi di gestione e controllo definiti dalle imprese in obbligo del decreto 231 si sono riempiti nel tempo di aree di osservazione proprio per prevenire eventi rivelatisi in questi ultimi anni particolarmente dannosi (dalla sicurezza del lavoro ai reati ambientali).
Il decreto 254 poi ha previsto l’obbligo per le imprese di maggiori dimensioni della dichiarazione individuale di carattere non finanziario (DNF). In particolare, la norma richiede che l’informativa contenuta nella DNF riguardi anche il modello aziendale di gestione ed organizzazione delle attività dell’impresa anche con riferimento alla gestione dei suddetti temi. Il nesso tra le due norme è stato pertanto ribadito e la finalità è quella di rendere sempre più connessi i sistemi di gestione aziendali in ottica della massima trasparenza e garanzia per clienti e fornitori.
L’approccio volontario passa invece per il rispetto di una serie di norme o standard internazionali cui l’organizzazione volontariamente si obbliga ad aderire. Si pensi alle certificazioni ambientali e sociali, al rating di legalità o alla rendicontazione trasparente e ai bilanci di sostenibilità.
Qualunque sia l’approccio il favore del mercato, come già evidenziato, è importante. Prova di ciò è rappresentata dall’analisi delle tematiche che finalizzano i fondi del PNRR. La manovra italiana prevede finanziamenti per 221,1 miliardi di euro, di cui 191,5 miliardi dal Recovery Fund (fra sussidi e prestiti a basso tasso d’interesse) e 30,6 miliardi di risorse interne, da impiegare entro il 2026. In termini percentuali, il 27 per cento dei fondi sarà dedicato alla digitalizzazione, il 40 per cento agli investimenti per il contrasto al cambiamento climatico e oltre il 10 per cento alla coesione sociale. In dettaglio le sei linee di investimento su cui punteranno gli investimenti di ripartenza sono le seguenti:
– transizione verde;
– trasformazione digitale.
– crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;
– coesione sociale e territoriale;
– salute e resilienza economica, sociale e istituzionale;
– politiche per le nuove generazioni, l’infanzia e i giovani.
Questo è lo snodo più importante per le imprese che vogliano agganciare la ripresa e i fondi di supporto previsti. Le imprese che puntano ad entrare, oltre che nei sostegni economici, anche nelle numerosissime attività in appalto, nei grandi cantieri, nei tanti piccoli e grandi progetti che saranno avviati dovranno essere pronte proprio sui requisiti ESG. Il tema della compliance e della sostenibilità diventano pertanto veri elementi di creazione di valore per le imprese.
L’azienda che si approccia a modelli ESG deve passare da un sistema in cui “consuma materia, energia, tempo e competenze a livello di risorse umane” a un altro in cui gestisce una relazione responsabile con la materia, con l’energia, con i valori che arrivano dalle persone. Si tratta di una transizione non di poco conto specialmente se parliamo di PMI. Deve esserne convinta l’alta direzione, ma deve esserci l’indispensabile consenso della proprietà. Bisognerà individuare un percorso e un tempo di transizione che vedrà il coinvolgimento dell’intera struttura delle persone impiegate dell’azienda e, ove possibile, delle rappresentanze dei lavoratori.
Responsabilità sociale nelle PMI
Se restringiamo il campo ESG alla responsabilità sociale (S) e il segmento aziendale alla PMI l’imprenditore può approcciare il tema nel concreto cominciando a realizzare una serie di misure:
– sistemi di welfare aziendale, armonizzazione dei tempi privati e lavorativi e smart working;
– rendicontazione sociale e valutazione d’impatto;
– valutazione del modello SB – società benefit;
– avvicinarsi a sistemi di certificazione sociale: Asseco, SA8000 e rating di legalità.
Sarà importante che l’ecosistema in cui l’impresa si muove sia di supporto a questo nuovo approccio. Grande responsabilità, sempre parlando di PMI, è in capo ai servizi di consulenza e advisory chiamati a orientare le scelte dell’imprenditore per il raggiungimento di risultati concreti e misurabili senza i quali qualunque modello, sia pure innovativo e illuminato, è destinato a fallire.